parabola

Cinque ragazzi e tre ragazze che nel lontano 1980 pretesero (e ottennero incomprensibilmente) la Maturità Scientifica nei pressi del Liceo Scientifico Statale Galaleo Galalao di Trebisaccio.  Si rincontrano a distanza di 43 anni e provano a godere della propria relazione, giocando con l’entanglement e riprendendo a cazzeggiare al massimo livello: dove eravamo rimasti? È questa una storia tutta da scrivere a … 16 mani!

Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche modo, diventano un unico sistema. In altri termini, quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce.

Proietta Persi - The Story

Proietta Persi Reloaded

E poi ci fu quella volta che i Proietta si persero nelle terre dei Briganti.

In quel tempo i figli del Proietto furono costretti a dividersi per una serie di ragioni più o meno discutibili. Gaetano Semiconte venne incarcerato e messo ai ceppi con un’accusa infamante e condannato a badare ai propri figli. La sentenza prevedeva la preparazione di panini a mezzogiorno, merende, e panini a cena, con l’aggravante di doverne cambiare gusti e composizioni continuamente. L’unica sua concessione era un goccio di whisky canadese ogni due giorni, che però gli provocava un mal di testa cosmico e uno stimolo al vomito così riluttante che ci metteva due giorni solo per decidersi a concretizzarlo.

Mario Sibbari fu richiamato dalla sua Rosina in terre savoiarde, condannato alla produzione industriale di vasetti di bagna cauda per l’esportazione in Tasmania (i tasmanesi ne erano drogati, pare che ci facessero i gargarismi). Lionora Galiarda fu bloccata alla Dogana dell’Impero Romagnolo e privata del passaporto per i territori meridionali con l’accusa di spionaggio (la sua colpa? Aver chiesto dove fosse il bagno nel dialetto sbagliato).

Ma veniamo al fattaccio.

Un oscuro stregone, annidato nei sotterranei del Castello di Riulo, aveva lanciato un malificio su Giuseppa Lucedimare. Lo stregone si chiamava Ulivar, e produceva un intruglio dal nome praticamente identico al suo, l’Ulivar (sì, l’originalità non era il suo forte). Il problema era che l’unico antidoto a quel malificio era proprio l’Ulivar (l’intruglio), e l’unico a possederlo era, ovviamente, Ulivar (lo stregone).

I fratelli ancora liberi si organizzarono per salvare la sora Giuseppa. All’alba delle 15:00 partirono: Rino Tiranove, Toni “Merlino” Bryan, Rosa del Catero, e MQQMP con la sua compagna Ganna, esperta di rifornimenti per viaggi improbabili. Con il carro di MQQMP carico di ogni ben di Dio, si misero in marcia verso il Castello di Riulo.

Peccato che il maniero fosse chiuso per lavori in corso. Dei lavoratori li informarono che Ulivar si era dato alla macchia nelle terre dei Briganti. Da qui in poi iniziò una serie di sfortunate interazioni con i locali: un primo informatore li sfotté per il carro inadeguato e l’abbigliamento fuori moda, indirizzandoli verso un sentiero inesistente; due donne parlanti un dialetto alieno li mandarono in una foresta; un mastro muratore deportato da Serra San Bruno cercò di convincerli a darsi all’edilizia abusiva.

In breve: si persero. Di brutto.

Bloccati a un quadrivio senza sapere dove andare, cercarono di consultare antichi strumenti ar-cani (cioè un navigatore GPS modello preistorico), ma non lo sapevano usare. Toni ricordò a tutti che MQQMP era già riuscito a farli perdere una volta usando carte stradali con scala sbagliata, e dunque non era il caso di fidarsi. Alla fine Ganna sentenziò: “Questa è la strada per San Giorgio. O torniamo indietro, o andiamo nell’altra direzione fino a Valsinno, dove almeno possiamo mangiare qualcosa”.

Ed è qui che la dea bendata decise di far loro un regalo: i rifornimenti segreti di Ganna. Dal carro uscirono frittata con asparagi e salsiccia, insalata di sedano-rapa e carota, soppressata e una bottiglia di vino nivuro. Aprire quest’ultima richiese il sacrificio di due dita e parecchie imprecazioni, ma alla fine il nettare divino sgorgò e riportò la pace tra i Proietta.

Una volta rifocillati, ripresero la ricerca di Ulivar. E finirono dritti nel peggior bar della terra dei Briganti. Ad accoglierli, una barista in tuta-pigiama rosa pastello, con rotolini modello Michelin e una mutanda da combattimento che lasciava più dubbi che certezze. Di Ulivar, neanche l’ombra. Due anziani con orecchie radar modello Maestro Yoda ascoltavano ogni loro parola, ma alla prima domanda diretta sparirono nel nulla.

A quel punto, decisero che ne avevano abbastanza. Tornarono sui loro passi, e si persero ancora un paio di volte, e finirono perfino a Siniso. “Ma che ci facciamo a Siniso?!” esclamò Ganna, riportandoli alla realtà.

A questo punto Toni “Merlino” Bryan ricordò di essere uno stregone bianco e decise di usare la sua magia per risolvere la questione. Levò le mani al cielo e pronunciò solennemente la maledizione contro lo stregone Ulivar:

“Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre, perché egli è il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà su di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che proveranno ad ammorbare e distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del signore, quando farò calare la mia vendetta sopra di te.”

E, come per miracolo, Giuseppa guarì seduta stante.

Fu allora che i Proietta capirono la morale della storia: non si sarebbero mai più divisi. Perché divisi si perdevano, e quando si perdevano finivano in posti assurdi, con gente assurda, alla ricerca di intrugli assurdi. Meglio restare uniti.

E così fecero. O almeno fino alla successiva avventura.

I Persi

Video: I Persi

Yugoslavia - Settembre 1979

Enterprise NCC-A1 - Official Crew

I Proiecta sono:

1. Christine Leonor Chapel (Eleonora Gagliardi); 2. Nyota Rosa Uhura (Rosa Catera); 3. Janice Giuspi Rand (Giuseppina Faro); 4. Hikaru Mario Sulu (Mario Motta); 5. Pavel Gaetano Chekov (Gaetano Viciconte); 6. MQQ Spock (Mario Ferrara); 7. Leonard Rino McCoy (Rino Tirotta); 8. James Toni Kirk (Toni Bria).

I Pirati del Cappero: La Galassia della Follia

Dopo 43 anni di separazione, una banda di ex-compagni di scuola si ritrovò uniti dal destino e da un insopprimibile desiderio di cazzeggiare. Pavel Gaetano Chekov, MQQ Spock, Mario Hikaru Sulu, Leonard Rino McCoy e James Toni Kirk erano stati detenuti per decenni nel carcere di massima sicurezza per cazzeggiatori incalliti, un penitenziario così noioso che persino le guardie si addormentavano durante i turni. Fortunatamente, le vecchie fiamme del liceo non avevano dimenticato i loro amici ribelli. Nyota Rosa Uhura, Janice Giuspi Rand e Cristhine Leonor Chapel, ormai esperte di evasione grazie a un corso online di “Fuga per Dummies”, organizzarono un piano di fuga così complesso e spettacolare che persino gli sceneggiatori di Hollywood avrebbero faticato a immaginarlo. Riuscirono a far evadere i ragazzi, e una volta fuori, la banda non perse tempo: rubarono l’Enterprise, il famoso incrociatore spaziale, e si lanciarono in una serie di scorribande nella Galassia di Corigliana, guadagnandosi il temibile soprannome di “I Pirati del Cappero”.

Dopo aver terrorizzato metà della galassia, si stabilirono davanti ai bastioni di Orione, dove aprirono un emporio specializzato in cibo avariato e putrescente. L’idea era, in un certo senso, innovativa: nessuno aveva mai pensato di vendere cibo scadente a prezzi astronomici. Ma il piano, come tutti i loro piani, fallì miseramente, e si ritrovarono di nuovo nei guai. Per peggiorare la situazione, MQQ Spock, un vulcaniano con un’insaziabile voglia di flirtare, non riusciva a trattenersi dal fare avance alle mogli dei clienti, attirando su di loro l’ira di mariti spaziali più furiosi di un Klingon al matrimonio. Con l’emporio ormai chiuso e un esercito di mariti arrabbiati alle calcagna, decisero di investire in un nuovo business: aprirono un hotel intergalattico davanti alle porte di Tannoiser. L’idea era di creare un’oasi di pace e relax per i viaggiatori stanchi delle guerre spaziali e degli attacchi dei pirati… peccato che i gestori dell’hotel fossero proprio dei pirati.

Leonard Rino McCoy, con la sua passione per l’agricoltura spaziale, si dedicò alla coltivazione del cappero. In effetti, aveva creato una varietà così esotica e pungente che riusciva a far starnutire anche i robot. Ma il suo entusiasmo lo portò a inserire capperi in ogni piatto servito nell’hotel, anche nella colazione a base di cereali. Gaetano Chekov, convinto di essere uno chef galattico, si occupava della cucina. Il suo piatto forte era il pesce fritto, ma il suo talento culinario era tale che il pesce sembrava più adatto a rivestire gli scudi dell’Enterprise che a essere mangiato. Gli ospiti dell’hotel impararono presto a evitare il ristorante, preferendo nutrirsi con le riserve di emergenza. Mario Hikaru Sulu si era autoproclamato il “maestro panettiere” dell’hotel, producendo un pane chiamato “pone”, un’invenzione che avrebbe dovuto essere soffice e fragrante. In realtà, il “pone” di Mario era così duro che persino gli Wookiee faticavano a masticarlo. Tuttavia, lui continuava imperterrito, convinto che il mondo non fosse ancora pronto per apprezzare la sua arte. MQQ Spock era l’incarnazione della pigrizia vulcaniana. Non faceva assolutamente nulla, tranne infastidire le anziane ospiti dell’hotel con le sue occhiate misteriose e i suoi commenti ambigui. Era convinto che le sue orecchie a punta fossero un’arma di seduzione di massa, ma le sue avances si traducevano invariabilmente in crisi di nervi e richieste di rimborsi.

James Toni Kirk si autoproclamò filosofo dell’hotel, passando le giornate a infastidire chiunque gli capitasse a tiro con discorsi su Nietzsche, Kant e la teoria del caos. Gli ospiti, appena lo vedevano avvicinarsi, simulavano telefonate urgenti o fingevano malori improvvisi, nella speranza di sfuggire ai suoi monologhi infiniti.

Le compagne di liceo non erano da meno. Nyota Rosa Uhura, ormai persa tra mojito e birra intergalattica, passava le giornate in uno stato di ubriachezza costante. I suoi rutti, così potenti da far vibrare le strutture dell’hotel, avevano guadagnato una fama tale che i viaggiatori spaziali li evitavano come un buco nero. Janice Giuspi Rand, sempre immersa nel sogno romantico di incontrare il suo Bruno Ganz spaziale, viveva in un perpetuo stato di delusione. Ogni volta che un nuovo ospite entrava nell’hotel, lei sperava che fosse l’uomo dei suoi sogni. Ma, puntualmente, rimaneva a bocca asciutta, continuando a sognare e a sospirare. Cristhine Leonor Chapel, l’unica con un po’ di senso pratico, cercava disperatamente di mettere ordine nel caos dell’hotel. Ma ogni volta che risolveva un problema, ne spuntavano altri tre.

Alla fine, decise di creare profumi aromatizzati che avrebbero dovuto calmare gli ospiti e farli rilassare. Tuttavia, i profumi erano così efficaci che gli ospiti cadevano in un sonno profondo e non si svegliavano più fino al checkout, complicando ulteriormente la gestione dell’hotel. Nonostante tutte le difficoltà, l’hotel davanti alle porte di Tannoiser divenne famoso in tutta la galassia come il posto più assurdo e imprevedibile in cui soggiornare. Viaggiatori da ogni angolo dell’universo arrivavano per vivere un’esperienza che non avrebbero mai dimenticato (anche se avrebbero preferito farlo).

E così, tra capperi mutanti, “pone” indistruttibile e filosofie spicciole, la leggenda dei Pirati del Cappero continuò a crescere. Ogni giorno portava nuove disavventure, risate e, naturalmente, guai con la giustizia intergalattica. Ma loro, con un brindisi di mojito, ridevano e proseguivano nel loro cammino di caos e follia, sicuri che nessuna galassia avrebbe mai potuto fermarli.

I Samurai di Rosetan Kakai Kazz-ei

Nel lontano e mitico arcipelago di Trebidona, quattro leggendari samurai, Toni-kai detto Merlino, Rino-kai detto Agro-kazz, Mario-kai detto U-pon, e Gae-kai detto U-pisci, servivano fedelmente il loro grande Shogun Mqqmp-san, conosciuto anche come “il Black&Decker delle Case per Anziane”. Nonostante la fama temibile del loro signore, i quattro non brillavano certo per disciplina. Anzi, erano famosi per le loro disavventure, capaci di far ridere persino i più stoici monaci zen.

Una mattina, il grande Shogun decise che era il momento di spingere i suoi samurai verso nuove e “profonde” avventure. Li chiamò nella sua stanza del trono, che in realtà era il retro di una bottega di tatami gestita da sua cugina. “Samurai! È tempo di solcare il mare di Trebidona alla ricerca di gloria e, forse, di qualche altro lavoretto per arrotondare. Vi affido questa missione: trovate le vecchie geishe che un tempo ci accompagnarono nei banchetti e portate indietro… lapislazzuli!”

I quattro samurai si guardarono perplessi. Mario-kai, detto U-pon, si grattò la testa. “Shogun… ma non possiamo fare come l’ultima volta, con un po’ di sushi e sake?”

Mqqmp-san sospirò. “No, U-pon, stavolta è serio! Le geishe si sono trasformate in abili commercianti di lapislazzuli e voi dovete riportare qui quei preziosi. Senza rompere nulla.”

E così, saliti a bordo del loro naviglio, un’imbarcazione che sembrava un incrocio tra una zattera e una poltrona da massaggio, i quattro samurai si misero in viaggio. Toni-kai, detto Merlino, che amava la tecnologia come un vecchio saggio ama i suoi rotoli, cercava di orientarsi con una strana mappa digitale. “Secondo questa app, dobbiamo andare dritti per… tre nuvole di pesci e poi girare a sinistra al secondo sushi bar.”

Rino-kai, detto Agro-kazz, noto per la sua pazienza inesistente, esplose: “Ma come facciamo a navigare guardando pesci e sushi bar?! Qui non c’è un semaforo, niente!”

Il mare di Trebidona, calmo e azzurro come una coperta di seta, sembrava essere dalla loro parte, ma presto si alzò un vento strano. Dalle acque emerse la figura minacciosa di Proietto-san, un antico spirito maligno che aveva il potere di scagliare numeri senza senso a chiunque avesse la sfortuna di incrociarlo.

“Ahahah! Samurai sciocchi! Vi colpirò con numeri a capocchia!” gridò Proietto-san, mentre un uragano di numeri volava verso di loro. “Sette! Cinquantaquattro! Ventitreesimo!” Toni-kai cercava di proteggersi con il suo smartphone, ma non c’era nessuna app per bloccare quei numeri devastanti.

Proprio quando tutto sembrava perduto, apparvero all’orizzonte le figure di Gius-pin-pan, Ros-an-moji e Liona-an-lame, le loro vecchie geishe. Ora commercianti astute, scesero da una nave da mercanti adornata di lapislazzuli, guardando la scena con aria divertita.

“Ragazzi, siete messi proprio male,” disse Gius-pin-pan con un sorriso. “Proietto-san? Quello lì si può fermare solo con… la tabellina del sette.”

“Ma nessuno di noi sa la tabellina del sette!” esclamò Gae-kai, detto U-pisci, che già stava pensando di tuffarsi in mare e lasciar perdere tutto.

Ros-an-moji si avvicinò e con una mossa agile disegnò un cerchio magico nell’aria, recitando la tabellina del sette in un ritmo ipnotico: “Sette, quattordici, ventuno…”. Proietto-san, confuso, cominciò a balbettare numeri sempre più incoerenti fino a scomparire in una nuvola di fumo.

I samurai, storditi ma salvi, si girarono verso le geishe. “Beh, ci avete appena salvato! Forse possiamo evitare di chiedervi i lapislazzuli e… portarci via solo qualche consiglio?”

Liona-an-lame scoppiò a ridere. “Ma certo, samurai. Tornate pure dal vostro Shogun, e ditegli che… i lapislazzuli li ha già ordinati online.”

E così, i quattro samurai tornarono a Rosetan Kakai Kazz-ei, non con tesori ma con un grande insegnamento: mai sottovalutare le geishe che diventano commercianti. E soprattutto, imparare la tabellina del sette non è mai una cattiva idea.

Lo Shogun Mqqmp-san accolse i suoi samurai con un sorriso divertito. “Siete riusciti a non combinare disastri… questa volta.”

E i quattro, felici di essere tornati sani e salvi, si sedettero a tavola, pronti per un altro giro di sushi.